Aristotele

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A cura di Giuseppe Cetorelli

 

“La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile.”

Aristotele nasce a Stagira nel nord della Grecia, figlio del medico Nicomaco, che lavorava al servizio del re Aminta di Macedonia, padre di Filippo il Macedone. Venne alla luce nel 384 a.C e della madre non si hanno molte notizie. Rimasto orfano del padre giovanissimo venne cresciuto da un parente più anziano, Prosseno. Diciottenne, Aristotele si recò ad Atene, ed entrò quasi subito nell’Accademia di Platone, dove rimase per venti anni, abbandonandola soltanto alla morte del maestro. Fu precettore presso la corte di Filippo il Macedone dove si occupò dell’educazione del figlio di Filippo, Alessandro; Il sovrano che divenne “magno”.

Tornato ad Atene, Aristotele fondò una scuola (il “Liceo”-dal nome del tempio, dedicato ad Apollo Licio, che sorgeva vicino ai locali della scuola-, o “Peripato”- dall’abitudine aristotelica di insegnare passeggiando nel giardino della scuola [ perìpatos, in greco, significa appunto passeggiata]). La morte lo colse a 62 anni circa nel 322 a.C. Poco prima di morire, Aristotele fu costretto all’esilio dal partito antimacedone, affermatosi ad Atene dopo la prematura morte di Alessandro Magno, che non approvava il fatto che lo Stagirita fosse stato maestro del Macedone. Aristotele fu discepolo di Platone e di esso potremmo dire quanto abbiamo affermato del suo maestro. La sua influenza sul pensiero occidentale fu determinante, nella filosofia medievale si scorge chiaramente il volto di Aristotele. Nella stanza della segnatura, in Vaticano, affrescata da Raffaello SanzioLa scuola di Atene raffigura Aristotele che regge l’Etica e tiene il palmo della mano a mezzaria, rivolto verso terra. Si dice spesso che Aristotele sia partito come platonico (seguendo la dottrina delle idee) ma che poi abbia dato una svolta alle sue indagini orientandole sempre di più verso il mondo terreno. Con Aristotele la ragione prende il sopravvento come indagine critica apportando, nella scienza e nella metafisica, un’impostazione decisamente teoretica, senza indulgere ai motivi  di una filosofia edificante. Non perché manchi in lui il senso di una problematica religiosa: esso è vivo e presente in Aristotele quanto in Platone; ma in Aristotele esso si determina razionalmente e si risolve in ragionamento e dimostrazione. L’esigenza socratica del definire trova in lui il più convinto assertore.  Aristotele, a differenza dei suoi predecessori, riconduce la filosofia al concreto, al finito, al razionale, col preciso impegno di eliminare la dimensione del mistero e di ridurre l’infinito ad un semplice processo soggettivo. La sua avversione speculativa all’infinito, che nasce dalla chiara consapevolezza delle condizioni della conoscenza autentica, fa giustizia delle cosmologie mitologizzanti dei “fisiologi” presocratici e cancella l’ “indeterminatezza” che circondava il loro mistero. La finitezza del Cosmo corrisponde al processo del pensiero che si muove fra limiti finiti, fra i principi e le conclusioni: ove questa corrispondenza non ci fosse, il pensiero umano sarebbe condannato a non trovare mai le cause prime dell’Essere e insieme a non poter mai giustificare appieno le proprie operazioni conoscitive. La ragione umana afferma in Aristotele le sue più ambiziose presunzioni scientifiche.

Le opere di Aristotele sono suddivise in due gruppi e di seguito ne affronteremo solo una parte : gli scritti essoterici (destinati al pubblico; la parola è costruita sul greco éxo, che significa fuori) e quelli esoterici o acroamatici (non destinati al pubblico, bensì solo ai discepoli della scuola; ” esoterico” è costruito sul greco éso, che significa “dentro”, mentre “acroamatico” deriva dal verbo akroàmai che significa “ascoltare”, e indica appunto l’insegnamento destinato agli ascoltatori di Aristotele all’interno della scuola). Gli scritti essoterici sono andati perduti pressoché per intero (restano solo alcuni frammenti), mentre ci è pervenuta la maggior parte delle opere esoteriche, così ordinate, verso la metà del I secolo a.C., da Andronico di Rodi.

Alla concezione dell’etica è ispirata la morale di Aristotele. Nell’Etica eudemea e nell’Etica nicomachea essa si configura come una teoria della virtù. La virtù è una qualità dell’uomo in quanto uomo, cioè in quanto essere dotato di ragione. Ma la ragione può essere esercitata per moderare gli affetti, che si possono ricondurre al piacere  e al dolore; e allora si ha la virtù etica o morale, che è appunto il giusto mezzo tra gli estremi emotivi. Oppure la ragione può essere esercitata di per se stessa, essenzialmente a fini conoscitivi, e allora si hanno le virtù dianoetiche o intellettuali.

La Metafisica aristotelica è una interpretazione del mondo, in essa operano diversi filoni e il loro tema costante è il rifiuto della spiegazione offerta dai platonici con la teoria delle idee. Uno dei filoni della Metafisica si collega alla teoria delle quattro cause della Fisica. La forma suprema di sapere, cioè la sapienza, consiste nel cogliere le quattro cause dei processi naturali, soprattutto la causa finale, che è la più importante. Seguendo la causa finale è possibile scoprire la struttura divina del mondo. I movimenti ciclici che avvengono tra la Terra e il Cielo risentono del movimento circolare celeste e ne dipendono, in particolare dipendono dai movimenti circolari  del Sole. Perciò tutti i processi naturali dipendono dai movimenti astrali, che devono avere una causa immobile, perché non si può procedere all’infinito alla ricerca di una causa. Questa causa è un intelletto divino, costituito solo di pensiero , che pensa se stesso. Il mondo si muove tendendo a esso come a un fine.  Un altro filone sviluppato nella Metafisica consiste nel mettere in luce la finalità intrinseca a ogni sostanza. Già le opere fisiche hanno rivelato che i processi materiali tendono alla forma come al loro fine e la potenza tende all’atto. La sapienza consiste nel rintracciare le cause formali che agiscono in tutti i processi materiali. In alcuni libri della Metafisica (il IV e il VI) la sapienza si configura come teoria dell’essere in quanto tale, cioè come considerazione della struttura che è presente in ogni sostanza e in ogni tipo di spiegazione scientifica. Questa struttura è costituita dal funzionamento della sostanza come soggetto di una proposizione. Di qui deriva il principio supremo della sapienza e perciò di ogni scienza. E’ il principio di non -contraddizione per cui di una stessa cosa non si può affermare e negare la stessa proprietà nello stesso tempo e sotto lo stesso rispetto. Un altro gruppo di libri della Metafisica (VII, VIII e IX), sempre riprendendo tesi delle opere fisiche, analizza la sostanza che funge da soggetto come materia, forma e insieme di materia e forma. In questa struttura la forma ha sempre il primato sulla materia. Analogamente l’atto ha sempre il primato sulla potenza, perché la potenza si spiega con l’atto e non viceversa, in quanto una potenza passa in atto perché c’è già qualcosa in atto che funge da causa. Quello che in generale è il rapporto tra il mondo e la divinità-pensiero, la materia e la forma, la potenza e l’atto, nell’animale è in qualche modo il rapporto tra il corpo e l’anima. La sapienza, come viene presentata da Aristotele nella Metafisica, è in grado di riconoscere la funzione delle forme come cause autentiche di quelli che possono anche apparire come puri processi materiali, coincide cioè con la capacità di riconoscere il vero ordine dell’universo.

Un capitolo particolare è rappresentato dalla Poetica. Anche per Aristotele come per Platone la poesia e le arti in genere sono ‘imitazione’ del mondo umano. L’ “imitazione” è riproduzione, con i mezzi più diversi (parola, suono, colore, ecc.), delle “azioni umane”, che formano la dimensione umana del divenire. In questa meravigliosa opera Aristotele mostra che la poesia e, più in generale, l’arte sono forme altissime di rimedio contro il dolore, la sofferenza e la morte. La poesia mostra le situazioni universali, tipiche, in cui i vari tipi di persone vengono a trovarsi, e il modo in cui tali situazioni, sempre o per lo più, si sviluppano. C’è un passo memorabile della Poetica che è d’obbligo citare : “E perciò la poesia è cosa più nobile e più filosofica della storia, perché la poesia tratta piuttosto dell’universale, mentre la storia del particolare.” Poetica, IX, 1451 b). 

ARISTOTELISMO

Con questo termine si intendono alcuni capisaldi della dottrina di Aristotele che sono passati nella tradizione filosofica o hanno ispirato le scuole o i movimenti che più direttamente si rifanno ad Aristotele stesso, come la scuola peripatetica, l’ A. arabo, l’ A. cristiano -medievale, l’ A. del Rinascimento e varie altre tendenze del mondo medievale e moderno. Tali capisaldi possono essere riassunti nel modo seguente:

1- L’importanza accordata da Aristotele al mondo della natura e il valore e la dignità delle indagini ad esso dirette. Mentre Platone pensava che tali indagini non possono raggiungere che un certo grado di probabilità assai inferiore alla conoscenza scientifica (Timeo), Aristotele ritenne che non c’è nella natura nulla di così insignificante che non valga la pena di essere studiato, dato che, in ogni caso, il vero oggetto dell’indagine è la sostanza delle cose.

2- Il concetto della metafisica come filosofia prima e teoria della sostanza e come fondamento della intera enciclopedia delle scienze.

3- La dottrina delle quattro cause (formale, materiale, efficiente, finale) e quella del movimento, come passaggio dalla potenza all’atto, che consentirono ad Aristotele l’interpretazione della intera realtà naturale.

4- La teologia con il suo concetto di Primo Motore e di Atto puro.

5- La dottrina dell’essenza sostanziale o necessaria, posta a base della teoria della conoscenza e della logica.

6- L’importanza attribuita alla logica, di cui Aristotele è il primo espositore sistematico, come strumento di ogni conoscenza scientifica.

Le varie correnti dell’Aristotelismo si sono rifatte, abitualmente, soltanto ad alcuni di questi capisaldi e ciò spiega perché l’Aristotelismo è talora apparso coma una metafisica teologica (nella Scolastica medievale) talora come naturalismo (nel Rinascimento) e talaltra come spiritualismo (in alcune interpretazioni moderne, per es., quelle di Ravaisson e Brentano).

 

 

 

 

Pubblicato da amicoproust

Giuseppe Cetorelli nasce a Roma il 10-07-1982. Compie studi tecnici e musicali. Si laurea in filosofia nel 2007 e consegue il diploma di sax in conservatorio. Appassionato di letteratura e filosofia, scrive racconti, testi per il teatro e recensioni musicali. Autore della raccolta di racconti "Camminando fra gli uomini" ha poi pubblicato un racconto in un volume collettaneo: "Il reduce" - Selenophilia (ukizero) edito da Alter Erebus. È fondatore e amministratore del blog letterario e filosofico www.amicoproust.altervista.org. È redattore del portale di attualità, informazione e cultura ukizero.com ed elzevirista de ilquorum.it. Ha rilasciato un'intervista ai redattori di occhioche.it, quotidiano online. È presente nel catalogo della rivista "Poeti e Poesia" con il racconto "Il Restauratore". È stato presidente e vicepresidente di un'associazione musicale, ha insegnato discipline musicali presso varie scuole private della regione Lazio. I suoi vasti interessi culturali e la propensione all'interdisciplinarietà lo hanno innalzato a vivace promotore di iniziative nei campi dell'arte e della letteratura.