La notte lo coprì ma non lo nascose. Si scorgeva da lontano tra la fitta rete di strade e la pioggia. Era lui: il cinese. Il cinese non è un uomo ma un ristorante. Attraverso la porta, un pesante vetro incardinato, occidentali seduti e orientali in piedi chi mangia si rilassa, chi lavora sgambetta.
I labiali si muovono muti come pesci in un acquario; qua e là cartoni penduli, enormi ventagli alle pareti, la muraglia sullo sfondo e su tutto il viola che dona riposo agli occhi. Sono certamente un estraneo al di qua dell’uscio, ma al di là un altro mondo; per loro non esisto finché non mi presento. Io sono all’esterno li vedo ed esistono, sarò qualcuno per loro nel momento in cui aprirò questa porta. Ma ora, qui fermo, io so di loro e loro nulla di me. È una strana sensazione. Potrei decidere di andarmene. Tuttavia è sempre bello esistere per qualcun’ altro, anche se per il tempo di una cena.
…profumo di involtini primavera….