L’insegnante

L’ INSEGNANTE

 

 

 

 

I fragori della guerra europea erano appena cessati ma nel Pacifico si combatteva ancora duramente. Hiroshima e Nagasaki erano nel mirino delle forze statunitensi e presto sarebbero state cancellate dal bombardamento atomico.

Notizie di sciagure quotidiane, di morti affastellati, di fame e paesaggi lunari erano all’ordine del giorno e si apprendevano dai giornali, per i pochi che potevano permetterselo, e dalle radio, ancora presenti in alcune case dalle mura scalcinate e semidistrutte.

Fra le pareti sdentate delle abitazioni in fondo ad un viale alberato e incorniciato da brandelli di mattoni, la ripresa delle attività quotidiane si intravedeva da lontano arrivando in città; nelle strade martoriate si potevano ancora scorgere le pesanti orme dei carri armati e delle camionette, che nella memoria degli abitanti proiettavano immagini di dolore e sofferenza e paura. La riapertura di una scuola pubblica, una scuola elementare, fu l’emblema della resurrezione per quella comunità, vedere i bambini approssimarsi all’entrata, spintonandosi e sorridendo, fu un’immagine bellissima, la fine della guerra. C’erano solo madri che da lontano agitavano le braccia in segno di saluto, lo stesso saluto che cinque anni prima rivolsero ai mariti richiamati alle armi, per combattere una guerra che non li avrebbe più restituiti alle rispettive famiglie. Donne dai vestiti acconciati alla meglio, coprivano di baci i propri figli: guance, fronte, bocca, orecchie, naso, nulla veniva risparmiato dalle labbra elargitrici d’affetto. La maestra Amelia era una donna minuta, dal passo deciso e non aveva quello che si dice un bell’aspetto, ma i suoi gesti trasudavano dolcezza e di questo i bambini avevano un gran bisogno.

La guerra era passata seminando distruzione e morte, ma l’edificio scolastico sembrava provenire da un altro mondo, puro e intemerato, dove la guerra non rientra nel novero delle possibilità umane. Appariva intatto, solo qua e là si potevano vedere fori di proiettile, le imposte incerte sui cardini, l’uscio scrostato, per il resto poteva dirsi agibile. Le lezioni andavano avanti fino alle quattro del pomeriggio e i bambini erano impegnati per tutto il tempo, l’insegnante era molto esperta e sapeva gestire anche i momenti più difficili, quelli della stanchezza dove la concentrazione non ha più cittadinanza e gli alunni cominciano a rumoreggiare. Fuori dalle finestre si vedevano sfilare di tanto in tanto i partigiani della brigata Garibaldi, coi fazzoletti rossi al collo, barbe incolte e fucili a tracolla pronti per una operazione. I bambini non potevano fare a meno di distrarsi poiché le finestre restavano sovente aperte e quello era il momento in cui la maestra Amelia si indispettiva e richiamava tutti alzando la voce, ma era impossibile non osservare la vita che ricominciava e che si presentava con il rumore degli scarponi sulle strade bianche, il passaggio di corriere, uomini in bicicletta, il drin drin dei campanelli e vecchie botteghe riaperte, dopo anni di chiusura. Tutto riprese a germogliare come il risveglio della natura dal lungo sonno dell’inverno.

La terza classe era quella più povera, i bambini si presentavano in classe con vestiti logori, scarpe suolate più volte ereditate dai fratelli maggiori, una merenda scarna, talvolta nemmeno quella potevano permettersi; la maestra li osservava, alcuni mangiavano avidamente pezzi di pane e companatico e chi non né aveva accompagnava con lo sguardo e l’acquolina ogni morso, sognavano di mangiare. Quelle immagini stringevano il cuore, piccoli affamati come uccellini che aspettano l’arrivo in volo della madre aprendo d’istinto la bocca, solo che la mamma non arrivava mai.

Amelia dava quel che poteva dare, talvolta prendeva per mano i bambini che non avevano cibo e raccontava loro favole splendide, posti magnifici e lussureggianti come non se né vedevano più, racconti popolati di una bellezza da riconquistare, città dove nessuno era schiavo del bisogno e che potevano frequentare, chiudendo i loro piccoli occhi e abbandonandosi all’immaginazione.

Le storie venivano interrotte dal gorgogliare degli stomaci, dal pianto inconsolabile di alcuni, e allora Amelia si alzava e diceva : “ Andiamo bambini usciamo in giardino, nel pomeriggio la vostra lezione sarà il gioco” e questo li distraeva dal dolore della fame. Un giorno Lorenzo, un giovinetto che sembrava più grande della sua età, si avvicinò ad Amelia e disse: “maestra perché non possiamo mangiare? Io non mangio qui a scuola e probabilmente non lo farò nemmeno a casa”.Vedi”, rispose lei “la guerra non ha distrutto solo le nostre case, ha impoverito tutta la Nazione, capisci che cos’è una nazione Lorenzo?”, “Sì, è l’Italia, dove abitiamo” replicò il bambino “bravo l’Italia ora è un posto dove mangiare è difficile per tutti, come lo è lavorare e dormire, ma vedrai che il mondo nel quale vivrai tu sarà migliore di questo”. Lorenzo sorrise e tornò a giocare sollevato.

Lo stato di penuria si aggravò con il passare dei giorni, Amelia aveva notato che alcuni alunni non frequentavano più, spossati dalla fame (il grano doveva ancora arrivare degli Stati Uniti), i genitori interpellati negavano le loro tristi vicende, si nascondevano dietro una dignità commovente che si traduceva in disperazione, non appena chiudevano la porta di casa.

L’indomani Amelia decise di mettere insieme le piccole cose di ognuno, che da sole non sarebbero state sufficienti a sfamare un solo bambino, e allora invitò tutti a portare a scuola anche solo un tozzo di pane, altri avrebbero portato un mela, altri ancora formaggio, e così almeno per un giorno avrebbero fatto un pasto completo.

L’iniziativa ebbe successo e i bambini ricominciarono a tornare a scuola, lentamente

recuperarono le forze e l’entusiasmo e così pure la comunità sembrò risvegliarsi dal torpore che l’avvolgeva.

Esseri umani che aiutano altri esseri umani, è questo il segreto per ricominciare dopo una tragedia.

Pubblicato da amicoproust

Giuseppe Cetorelli nasce a Roma il 10-07-1982. Compie studi tecnici e musicali. Si laurea in filosofia nel 2007 e consegue il diploma di sax in conservatorio. Appassionato di letteratura e filosofia, scrive racconti, testi per il teatro e recensioni musicali. Autore della raccolta di racconti "Camminando fra gli uomini" ha poi pubblicato un racconto in un volume collettaneo: "Il reduce" - Selenophilia (ukizero) edito da Alter Erebus. È fondatore e amministratore del blog letterario e filosofico www.amicoproust.altervista.org. È redattore del portale di attualità, informazione e cultura ukizero.com ed elzevirista de ilquorum.it. Ha rilasciato un'intervista ai redattori di occhioche.it, quotidiano online. È presente nel catalogo della rivista "Poeti e Poesia" con il racconto "Il Restauratore". È stato presidente e vicepresidente di un'associazione musicale, ha insegnato discipline musicali presso varie scuole private della regione Lazio. I suoi vasti interessi culturali e la propensione all'interdisciplinarietà lo hanno innalzato a vivace promotore di iniziative nei campi dell'arte e della letteratura.

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