IL VECCHIO E IL MAZZO DI FIORI
Un vecchio se ne stava seduto su una panchina davanti al cimitero, nella mano destra stringeva un mazzo di fiori bellissimi, che si piegavano sotto l’azione del vento. Sembrava appena uscito da una caverna polverosa, i vestiti consunti, le mani nodose come un tronco d’albero, i capelli arruffati, gli occhiali tondi gli scendevano
continuamente sul naso e lui lentamente li rimetteva a posto, era una giornata calda.
Guardava un punto fisso davanti a sé, era come assente e intanto tutto girava attorno a lui, le persone, le automobili, gli insetti, voci infantili si mescolavano a voci adulte, ma lui era sempre lì fermo, di tanto in tanto spostava il mazzo di fiori dalla destra alla sinistra e viceversa, col piede disegnava cerchi irregolari sulla terra davanti a sé.
La mia abitazione fu dichiarata agibile dalle autorità, e mi trovavo a passeggiare casualmente rasente il muro del cimitero, la panchina si trovava sul marciapiede opposto e chi si sedeva poteva occhieggiare l’ingresso e contare le persone che vi entravano.
-Come ti chiami? Gli chiesi
-Bruno, disse lui sollevando la testa.
-Mi dicono che sei seduto qui da molto tempo, come mai? Rispose distogliendo lo sguardo, hanno dichiarato la mia casa inagibile, è troppo lesionata per continuare ad abitarla.
-E’ si anche quella di un mio cugino, dissi io, ma vedrai che ti sistemeranno.
-Ma io avevo le mie cose lì, le figlie ci sono nate, tutti i giorni mi occupavo dell’orto che ora è pieno di calcinacci.
-Non ti preoccupare è arrivato lo Stato ci penseranno loro, dissi.
-Era tutto lì, quello che avevo era tutto lì…e sento dire che le nuove case saranno a prova di bomba e avranno un prezzo di mercato superiore, ma io sono anziano e del prezzo di mercato me ne infischio…contava solo il Valore affettivo per me, sai due anni fa mia moglie ci è morta in quella casa.
-L’affetto lo porterai dentro di te, quello che vive dentro di te nessuno te lo porterà via, dissi io sedendomi vicino. Lui tacque ma dopo qualche attimo di silenzio un sussulto:
-Come abbiamo tremato quella notte! Le pareti, il soffitto, io ero solo e sono uscito più in fretta che potevo, giù in strada. Molti non ce l’hanno fatta, morti sotto le macerie. Molti studenti, ragazzi giovani, non potranno più studiare…
-Purtroppo è così, il terremoto non avverte sussurrai a fil di voce.
-Chi consolerà quei genitori…chi potrà mai farlo, lo Stato? no..no lo Stato ricostruisce case sicure, è certamente il massimo che possa fare, ma loro si sentiranno sicuri in quelle nuove pareti prive di ricordi?.
La fede, ecco, potrà consolarli…ma chi non crede e non ha fede come farà?
Io intanto, continuando ad ascoltare il vecchio, guardavo le persone che entravano nel cimitero facendosi il segno della croce, e pensando alla città come era prima del disastro.
-Su Bruno alzati ti accompagno alla tenda, non puoi restare qui, lo esortai.
-Vado da mia moglie, disse con tono deciso e si alzò claudicante.
Riceverà questo bel mazzo di fiori, e sorrise, se lo merita.
-Ti aspetterò qui e poi andremo insieme, gli dissi mentre attraversava la strada.
-Come abbiamo tremato quella notte! Tornò a ripetere
abbiamo tremato eccome!
Per il vecchio Bruno la vita sarebbe stata difficilissima da quel momento in poi.
Era un sabato pomeriggio di fine estate, l’asfalto tratteneva ancora il calore del giorno e deformava le immagini in lontananza. Mi voltai e, lui non c’era più.