Lev Nikolaevic Tolstoj

TOLSTOJ

 

 A cura di Giuseppe Cetorelli

 

Tolstoj, Lev Nikolaevič. – Scrittore russo (Jasnaja Poljana 1828 – Astapovo, od. Lev Tolstoj, Lipeck, 1910), conte. Perduti i genitori (la madre a due anni, il padre a nove), fu educato da parenti e da precettori francesi e tedeschi. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Jasnaja Poljana, Mosca e Kazan′. Dal 1844 al 1847 frequentò la facoltà di orientalistica e poi quella di giurisprudenza all’università di Kazan′ senza portare a termine gli studî. All’inquietudine degli anni giovanili cerca risposte nei libri (la Bibbia, Rousseau); desideroso di apparire irreprensibile, assetato di sincerità, incline alla vita dissipata ma dotato di un forte senso morale, si detta rigide regole di comportamento che non rispetta, ricorre presto a quella forma di autocontrollo che è il diario, che riprenderà nei decennî successivi, tra il 1850 e il 1888 e poi, ininterrottamente, fino alla morte. I primi tentativi letterarî giunti fino a noi sono Istorija včerašnego dnja (“Racconto della giornata di ieri”, 1851, pubbl. post., 1926) e l’inizio di Detstvo (“Infanzia”), pubblicato nel 1852 e accolto con favore dalla critica e dai lettori. Completeranno poi la trilogia autobiografica, prova di prococe capacità di autoanalisi e di perspicacia psicologica, Otročestvo(“Adolescenza”, 1854) e Junost′ (“Giovinezza”, 1857). Nel 1851 partì per il Caucaso, dove intraprese la carriera militare. Il Caucaso e la guerra ispirano Nabeg(“Incursione”, 1853), Rubka lesa (“Il taglio del bosco”, 1855), Kazaki (“I cosacchi”, 1852-63). La partecipazione ad alcuni fatti d’arme, la dimestichezza con la gente del luogo lo misero in contatto con quella pienezza di sentimenti e d’istinti, cui l’uomo di cultura anela senza poterla raggiungere. In Kazaki l’animo integro e libero dell’uomo della natura è contrapposto al doloroso ripiegamento dell’uomo colto, riflessivo, incapace d’immediatezza. L’opposizione tra natura e cultura e la preferenza accordata alla prima accompagnarono T. in tutto il cammino, motivando le sue scelte letterarie, pedagogiche, di vita. Durante la guerra di Crimea T. partecipò all’assedio di Sebastopoli dando a sé stesso quella prova di valore di cui aveva bisogno. Da questa esperienza, che provocò in lui cambiamenti profondi, trasse il ciclo dei tre Sevastopolskie rasskazy (“Racconti di Sebastopoli”, 1855-56), tutt’altro che convenzionali, nei quali espresse l’orrore della guerra, il silenzioso eroismo dei soldati, la vanità degli ufficiali in cerca di gloria. Poco dopo la caduta di Sebastopoli lasciò l’esercito, compì un viaggio a Parigi e in Svizzera, seguito, qualche anno più tardi, da un lungo soggiorno in Germania, Svizzera, FranciaBelgioInghilterraItalia. Intanto continuava a scrivere alacremente: Dva gusara e Metel′ (“Due ussari” e “La tormenta”, 1856); Ljucern (“Lucerna”, 1857); Albert (1857-58); Tri smerti (“Tre morti”, 1858, pubbl. 1859); Semejnoe sčaste (“Felicità domestica”, 1858-59). Al periodo tra il 1859 e il 1862 appartiene soltanto Polikuška(1861, pubbl. 1862), racconto di contenuto e toni popolari. In quel triennio T. si occupò d’altro: nel 1859 aprì a Jasnaja Poljana una scuola per i figli dei contadini, fondata sulla piena libertà degli allievi, e favorì l’apertura di altre scuole analoghe; mosso dal bisogno di coerenza, tentò di liberare dalla servitù della gleba i suoi contadini, che si mostrarono però diffidenti. Di ritorno dall’estero, arricchito di nuove esperienze pedagogiche, riprese il suo posto di maestro, dando vita anche al mensile Jasnaja Poljana, in cui illustrò le sue idee. Dopo l’abolizione della servitù della gleba (1861) divenne arbitro di pace nelle controversie tra proprietarî e contadini, guadagnandosi l’odio dei possidenti e una denuncia come sovversivo. Il matrimonio (1862) con la diciassettenne Sofija Andreevna Bers, da cui avrà tredici figli, diede un ordine più stabile alla sua vita. Poco dopo il matrimonio sospese l’attività dell’insegnamento e si mise a scrivere un’opera narrativa di largo respiro,1805-j god (“L’anno 1805”), pubblicandone la prima parte nel 1865. Con la sua continuazione (1867-69), il romanzo, più volte modificato, prese il titolo di Vojna i mir (v. Guerra e pace). T. non lo considerava un romanzo, né un poema, né una cronaca storica. È la storia di alcune famiglie nobili nei primi due decennî del secolo, attraverso l’esperienza delle guerre napoleoniche. Essenziale non è la precisione documentaria (benché T. si difendesse dall’accusa di aver falsificato la storia per sostenere la propria ideologia), ma la capacità di far trasparire la “dialettica dell’anima”, di dare espressione artistica alla passione morale, d’intrecciare con naturalezza le storie individuali di infiniti personaggi con la storia della nazione in un momento cruciale. Il cammino indicato è quello che porta verso la semplicità, illuminata dalla saggezza di Platon Karataev. Molti dei personaggi – contadini, soldati, ma anche membri dell’aristocratica famiglia Rostov – sono naturalmente “semplici”. Le figure intellettualmente più complesse, come Andrej Bolkonskij e Pierre Bezuchov, sono destinate a una costante, faticosa ricerca. Le molteplici fila dell’intreccio, i varî piani di lettura si compongono nell’armonioso equilibrio del capolavoro. Guerra e pace non mancò di suscitare aspre polemiche; l’attacco spietato agli stati maggiori russo e francese, fatta salva la figura di Kutuzov, la mancanza di rispetto per la storiografia ufficiale provocarono l’ira degli specialisti. La critica, sulle prime sgomenta, reagì poi con entusiasmo. All’estenuante lavoro su Guerra e pace segue un lungo periodo di stanchezza creativa e di depressione, durante il quale T. si dedica al lavoro dei campi, allo studio del greco. Sono anni di lutti familiari: muoiono due dei suoi figli, in tenerissima età, e alcuni altri parenti. La ripresa ebbe inizio col ridestarsi della passione pedagogica. T. concepì l’idea di un libro che contenesse tutto ciò che occorre alla formazione intellettuale e morale del bambino: nacquero Azbuka (“Sillabario”, 1872, 1875) e Četyre knigi dlja čtenija (“Quattro libri di lettura”, 1875), che ebbero un enorme successo di pubblico, malgrado le critiche degli esperti. Il nuovo romanzo, Anna Karenina (v.), ideato nel 1870 e cominciato nel 1873, nasce in un’atmosfera inquieta, piena di mutamenti nella società, d’insoddisfazione nell’animo di Tolstoj. Abbandonato, modificato, ripreso, il romanzo uscì tra il 1875 e il 1877 in rivista, nel 1878 in volume, accolto trionfalmente. Nel passaggio alla redazione definitiva la figura di Anna acquista i caratteri con cui si è fissata nella memoria di generazioni di lettori: vitalità, tenerezza, semplicità sono la fonte del suo fascino; la sua passione nasce da un’esigenza di sincerità, dall’insofferenza per le convenzioni, ma le procura l’ostracismo della società; Levin, al quale T. affida molte delle proprie idee, è il paladino della campagna, della vita familiare, assillato dal dissidio tra anelito alla verità e prigionia della menzogna. Placherà in parte la sua inquietudine avvicinandosi all’esperienza dei contadini, in armonia con la natura. Ancora una volta T. riesce a unire intimamente i temi del romanzo in una mirabile struttura architettonica. Questo risultato, lungi dal sanare la sua crisi, l’accentua. Tutta la sua produzione letteraria gli appare un vano trastullo, lo disgusta. La sua cerchia sociale gli diventa sempre più estranea, si sente ostile agli intellettuali, agli scienziati che in migliaia di anni non hanno fatto progredire l’umanità nella conoscenza della giustizia, del senso della vita. Ispoved′ (“Confessione”, 1879-80, pubbl. 1884) esplicita una convinzione già abbozzata in precedenza: si può trovare un senso alla vita soltanto nel popolo dei lavoratori che la creano, e questo senso è la verità. T. abbandona l’ortodossia, si converte “al Vangelo”. Scopre che la dottrina ufficiale della chiesa falsa lo spirito e la lettera del Vangelo. Scrive una nutrita serie di studî, saggi e polemiche sull’essenza della religione, sul senso della vita, sulla non resistenza al male (Christjanskoe učenie “La dottrina cristiana”, 1898; O zizni “Sulla vita”, 1887;Ne ubj nikogo “Non uccidere”, 1907). Si batte contro il dogmatismo religioso (Kritika dogmatičeskogo bogoslovija “Critica della teologia dogmatica”, 1880), contro la pena di morte (Ne mogu molčat′ “Non posso tacere”, 1908; O smertnoj kazni “Sulla pena di morte”, 1910), contro i sistemi economici e politici vigenti, contro la guerra. Difende coloro che soffrono o che sono perseguitati per le loro convinzioni. Organizza con successo i soccorsi alle popolazioni colpite dalla carestia (1891-93), finanzia con i suoi diritti d’autore l’emigrazione in Canada degli appartenenti alle sette dei molokane e dei duchoborcy. Molti degli scritti di questi anni sono vietati dalla censura, T. è considerato dalle istituzioni un sobillatore, un folle. Nel 1901 è scomunicato dal Sinodo, ma la sua autorità morale è immensa in Russia e all’estero, i suoi opuscoli hanno una larghissima diffusione. Matura in lui una nuova concezione dell’arte che si concreta nel famoso saggio Čto takoe iskusstvo? (“Che cos’è l’arte?” 1897-98. In Italia fu il nostro B. Croce a porsi la domanda nell’opera “Breviario di  estetica”). Non è nuova per lui l’idea che l’etica debba prevalere sull’estetica; nuova è la definizione di arte cristiana, che ha valore soltanto se corrisponde alla coscienza religiosa del popolo, se aiuta a vivere una buona vita. È questo l’intento dei raccontini edificanti, scritti dopo il 1881. Ma T. non rinunzia a impegnarsi in opere di ben altro respiro: il cupo dramma Vlast tmy (“Il potere delle tenebre”, 1886) affronta il tema di un delitto in ambiente contadino; SmertIvana Iliča (“La morte di Ivan Il′ič”, 1886), uno dei migliori racconti di T., descrive la solitudine e la paura di fronte alla morte di un uomo che ha accettato senza riflettere il modo di vita egoistico del suo ceto, mentre Cholstomer (1861-85) presenta i costumi della buona società vista con gli occhi di un vecchio cavallo da corsa. A breve distanza seguirono il pamphlet drammatico Plody prosvescenija (“I frutti dell’istruzione”, 1886-90, pubbl. 1891), Krejcerova sonata (“La sonata a Kreutzer”, 1887-89, pubbl. 1891), opera sconcertante per il violento attacco contro l’amore sensuale, espresso nella forma di un monologo ossessivo. Del 1889-99 è l’ultimo grande romanzo, Voskresenie (“Resurrezione”), nel quale il protagonista cerca tenacemente di riscattare con una nuova vita le colpe della sua giovinezza. T. mostra di non aver perduto nessuna delle sue capacità analitiche, descrittive e narrative. Molte delle opere più tarde apparvero postume perché l’autore non sentiva più l’urgenza di pubblicarle: I svet vo tme svetit (“E la luce splende nelle tenebre”, 1896), Djavol (“Il diavolo”, 1889-90), Otec Sergij (“Padre Sergij”, 1890-98) e il commosso dramma della docile accettazione del destino, Živoj trup (“Il cadavere vivente”, 1900), tutte pubblicate nel 1911; uscì invece nel 1912 Chadži-Murat (1896-1904), che chiude il ciclo della grande narrativa tolstoiana con un ritorno ai temi della giovinezza: l’assurdità del mondo civile rispetto alla vita naturale dei montanari, saggi e crudeli. In quegli anni T. attribuiva maggiore importanza alle sue raccolte di pensieri, Mysli mudrych ljudej na každyj den′ (“Pensieri di saggi per ogni giorno”, 1906), Na každyj den′ (“Per tutti i giorni”, 1906-7), veri e proprî breviarî laici. Divenuto lo scrittore più noto del suo tempo, T. non si era acquietato. Avvertiva, più intollerabile che mai, il divario tra la sua vita di ricco nobile e la sua predicazione, il senso d’impotenza di fronte alla sofferenza dei più, il peso dei dissidî domestici. Vecchio e malato, compie l’atto che aveva meditato per anni, e che ha ormai un valore soltanto simbolico: fugge, abbandonando famiglia e proprietà, in un supremo sforzo di coerenza. Muore ad Astapovo dieci giorni dopo la fuga. “Fais ce que dois” (“fa ciò che devi”) sono le ultime parole da lui scritte.

I CAPOLAVORI. La sua fama è legata soprattutto ai due grandi romanzi Guerra e pace (1865-1869) Anna  Karenina (1875-1877). Ritenuto uno dei maggiori romanzi mai scritti, Guerra e pace è una grandiosa descrizione epica  della società russa fra il 1805 e il 1815, negli anni cioè che di poco precedettero e seguirono l’invasione napoleonica sino al Congresso di Vienna. Capolavoro del realismo fa agire centinaia di personaggi, alcuni dei quali storici, e descrive le battaglie di quegli anni, ma è soprattutto la cronaca della vita di cinque famiglie aristocratiche. I personaggi sono tratteggiati con grande concretezza e con acuta introspezione . La figura di Natascia Rostova, ad esempio, che alla vita chiede amore, matrimonio e figli, esprime la visione ottimistica dell’ autore sullo scorrere della vita umana, ed esemplifica in termini narrativi la sua concezione del processo storico, secondo la quale la storia è il risultato di forze anonime e accadimenti individuali, non il succedersi di eventi grandiosi determinati da figure carismatiche. La consapevolezza degli orrori della guerra e delle manchevolezze umane non soffoca il fondamentale ottimismo che pervade il romanzo né il suo messaggio, ispirato dalla felicità personale di Tolstoj in quegli anni creativi, che è quello di appassionato amore per la vita in tutte le sue manifestazioni.

L’altro grande capolavoro è Anna Karenina, emblema del romanzo psicologico moderno in cui venne raggiunta una nuova compatezza narrativa. La visione esuberante di Guerra e pace cede qui a toni pessimistici e il conflitto interiore dei protagonisti rimane irrisolto. La passione adultera di Anna per il giovane ufficiale Vronskij, entro la cornice dell’alta società di San Pietroburgo, è in netto contrasto con l’amore, consacrato dal matrimonio, di Kitty e Constantin Levin, i quali impersonano la radicata convinzione di Tolstoj della superiorità della vita rurale, a contatto con la natura, rispetto al mondo urbano, fatuo e superficiale. Ciò non impedisce all’autore di manifestare profonda pietà per la sua eroina, condannata alla sofferenza e infine al suicidio per aver violato le regole sociali e morali.

Citazioni

GUERRA E PACE

“…Eran le nove di mattina. La nebbia si stendeva in basso come un mare compatto, ma presso il villaggio di Schlapanitz, sull’altura dove stava Napoleone, circondato dai marescialli, era del tutto chiaro. Sopra di lui c’era un cielo sereno, azzurro e l’enorme sfera del sole, come un galleggiante porporino, ondeggiava alla superficie del lattiginoso mare di nebbia…”

“Quando il sole fu interamente uscito dalla nebbia e con accecante splendore sprizzò su di esse e si campi, egli (come se avesse atteso  solo questo per dare inizio all’azione) si sfilò il guanto dalla bella mano bianca, fece con quello un cenno ai marescialli e diede ordine di cominciare l’azione…”

ANNA KARENINA

“Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo. Tutto era sossopra in casa degli Oblònskije. La moglie era venuta a sapere che il marito aveva avuto un legame con una governante francese che era stata in casa loro, e aveva dichiarato al marito che non poteva vivere con lui nella stessa casa…”

“Levin non dormì per un pezzo, ascoltandolo. I suoi pensieri erano i più diversi, ma la conclusione di tutti i pensieri era una sola : la morte. La morte, l’inevitabile fine di tutto, gli apparve per la prima volta con una forza ineluttabile. E questa morte, che era lì, in quel fratello amato che gemeva nel sonno, e per abitudine invocava ora Dio, ora il diavolo, era tutt’altro che così lontana come prima gli pareva. Essa era anche in lui stesso, lo sentiva. Se non quest’oggi, domani, se non domani, fra trent’anni, non era forse lo stesso?  E cosa fosse quella inevitabile morte egli non solo non sapeva e non osava pensarci… Non aveva notato una piccola circostanza nella vita: che sarebbe venuta la morte e tutto sarebbe finito, che non valeva neppur la pena di cominciar nulla, e che rimediare a questo non si poteva in nessun modo. Sì, era orribile, ma era così…”

Traduzione di Leone Ginzburg

 

 

 

 

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Giuseppe Cetorelli nasce a Roma il 10-07-1982. Compie studi tecnici e musicali. Si laurea in filosofia nel 2007 e consegue il diploma di sax in conservatorio. Appassionato di letteratura e filosofia, scrive racconti, testi per il teatro e recensioni musicali. Autore della raccolta di racconti "Camminando fra gli uomini" ha poi pubblicato un racconto in un volume collettaneo: "Il reduce" - Selenophilia (ukizero) edito da Alter Erebus. È fondatore e amministratore del blog letterario e filosofico www.amicoproust.altervista.org. È redattore del portale di attualità, informazione e cultura ukizero.com ed elzevirista de ilquorum.it. Ha rilasciato un'intervista ai redattori di occhioche.it, quotidiano online. È presente nel catalogo della rivista "Poeti e Poesia" con il racconto "Il Restauratore". È stato presidente e vicepresidente di un'associazione musicale, ha insegnato discipline musicali presso varie scuole private della regione Lazio. I suoi vasti interessi culturali e la propensione all'interdisciplinarietà lo hanno innalzato a vivace promotore di iniziative nei campi dell'arte e della letteratura.