Varlam Tichonovic Salamov

Varlam Tichonovic  Salamov 

A cura di Giuseppe Cetorelli

 “E io solo sono scampato, per recartene novella”

Nacque nel 1907 a Vologda.  A  Mosca, dal 1924 lavorò per due anni come conciatore; si iscrisse poi alla facoltà di Diritto Sovietico ma continuò a coltivare il suo vivo, precoce interesse per la letteratura. Il 19 febbraio 1929 fu arrestato per aver diffuso la “Lettera al Congresso” di Lenin e condannato a tre anni di reclusione in un campo di concentramento degli Urali Settentrionali. Nel 1932 tornò a Mosca. Sei anni più tardi comparve sulla rivista “Oktjabr” il suo primo racconto. La notte tra il 1936 e il 1937 fu nuovamente arrestato – ” per attività controrivoluzionaria trockista”- e condannato a cinque anni di lavori forzati nelle miniere della Kolyma, la vasta e impervia regione che il fiume omonimo attraversa prima di sfociare nel Mare Siberiano Orientale. Nel 1942 la condanna gli venne prolungata ” fino alla fine della guerra”; l’anno seguente, questa volta per aver sostenuto che Bunin era un classico russo, venne condannato ad altri dieci anni nell’ “inferno” della Kolyma. Ma la Kolyma, ha scritto Geller, non era un inferno. Era un’industria sovietica, una fabbrica che dava al paese oro, carbone, stagno, uranio, nutrendo la terra di cadaveri. Era una gigantesca impresa schiavista che si distingueva da tutte quelle conosciute dalla storia per il fatto che la forza-lavoro fornita dagli schiavi era assolutamente gratuita. Un cavallo alla Kolyma costava infinitamente di più di uno schiavo detenuto. Una vanga costava di più”. “L’ esperienza di Salamov nei lager”, ha testimoniato Solzenicyn autore di Arcipelago Gulag, è stata più amara e più lunga della mia, e con rispetto riconosco che proprio a lui e non a me è stato dato in sorte di toccare il fondo di abbrutimento e disperazione verso cui ci spingeva tutta l’esistenza quotidiana nei lager”. Per un reduce della Kolyma anche un gatto vivo era assurdo, impensabile. “L’essenziale”, diceva Salamov, “non e qui ma nella corruzione della mente e del cuore, quando giorno dopo giorno l’immensa maggioranza delle persone capisce sempre più chiaramente che in fin dei conti si può vivere senza carne, senza zucchero, senza abiti, senza scarpe, ma anche senza onore, senza coscienza, senza amore né senso del dovere. Tutto viene a nudo, e l’ultimo denudamento è tremendo.  La mente sconvolta, già attaccata dalla follia, si aggrappa all’idea di “salvare la vita”  grazie al geniale sistema di ricompense e sanzioni che le viene proposto. Questo sistema è stato concepito in modo empirico, giacchè è impossibile credere all’esistenza di un genio capace di inventarlo da solo e d’un sol colpo…Perdonatemi se vi parlo di cose così tristi ma vorrei che aveste un’dea più o meno corretta di questo fenomeno capitale e singolare che ha fatto la gloria di quasi venti anni di piani quinquennali e dei grandi cantieri che vengono definiti ” audaci realizzazioni”. Giacchè non vi è una sola costruzione importante che sia stata portata a termine senza detenuti, persone la cui vita non è che un’ininterrotta catena di umiliazioni, la nostra epoca è riuscita a far dimenticare all’uomo che è un essere umano… ” . Liberato dal lager nel 1951, lo scrittore potè tornare a Mosca solo nel dicembre 1953 e per due giorni soltanto. Nella capitale rivide la moglie e la figlia, da cui era però destinato ad essere diviso per sempre; incontrò Boris Pasternak, con cui era entrato in corrispondenza nel marzo del 1952.  Stabilitosi nella regione del Kalinin, iniziò a scrivere I racconti della Kolyma. Nel luglio 1956, riabilitato, potè far ritorno nella capitale. Dal 1961 al 1967 videro la luce tre sue raccolte di poesie, ma i racconti sulla Kolyma gli venivano puntualmente restituiti dalle redazioni di riviste e case editrici. Altrettanto dolore provocò in lui il destino dei suoi racconti all’estero, dove per lunghi anni vennero pubblicati in modo sparso e frammentario, secondo approssimativi criteri filologici. L’interesse che l’Occidente manifestò per la sconvogente testimonianza artistica di Salamov impensierì le autorità sovietiche, che nel 1972 costrinsero lo scrittore in disgrazia a sconfessare I Racconti della Kolyma con un documento in cui tra l’altro affermava che “la loro problematica era stata superata dalla vita”, dal XX Congresso del PCUS. Gravemente provato nel fisico dagli anni di lager e nello spirito dagli anni di “libertà”, Salamov non smise mai di scrivere. Nel 1973 terminò il lavoro sulla vasta e agghiacciante epopea della Kolyma,  che si compone dei “libri” I racconti della Kolyma, titolo divenuto canonico per l’intero corpus dei racconti, La riva sinistra, Il virtuoso della vanga, Schizzi dal mondo criminale, La resurrezione del larice, Il guanto, ovvero KR-2.  Varlam Salamov morì il 17 gennaio 1982 nella casa di riposo in cui il Litfond lo aveva fatto ricoverare nel 1979.  

Uno scrittore altissimo che ebbe in sorte di vivere e raccontare uno degli orrori più intensi e più vasti che l’umanità abbia escogitato”.  

I racconti della Kolyma rappresentano una vera  e propria epopea dell’umano, da una terra gelida e insanguinata Salamov è tornato per narrare l’orrore e le profondità dell’abiezione. Su di lui è gravato un destino e una responsabilità, ed è forse per questo che è scampato alla morte: Qualcuno doveva raccontare, descrivere ciò di  cui è capace l’uomo. E’ stato testimone non solo della morte di molti, ma della privazione della dignità, la soppressione di tutte le peculiarità che rendono l’uomo un essere umano. Sopravvivere alla realtà concentrazionaria dei Gulag significa morire restando in vita.

“Ciò che io ho visto, un uomo non

dovrebbe nè vedere nè sapere. Ma

se lo ha visto, sarebbe meglio

che morisse in fretta.”

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Pubblicato da amicoproust

Giuseppe Cetorelli nasce a Roma il 10-07-1982. Compie studi tecnici e musicali. Si laurea in filosofia nel 2007 e consegue il diploma di sax in conservatorio. Appassionato di letteratura e filosofia, scrive racconti, testi per il teatro e recensioni musicali. Autore della raccolta di racconti "Camminando fra gli uomini" ha poi pubblicato un racconto in un volume collettaneo: "Il reduce" - Selenophilia (ukizero) edito da Alter Erebus. È fondatore e amministratore del blog letterario e filosofico www.amicoproust.altervista.org. È redattore del portale di attualità, informazione e cultura ukizero.com ed elzevirista de ilquorum.it. Ha rilasciato un'intervista ai redattori di occhioche.it, quotidiano online. È presente nel catalogo della rivista "Poeti e Poesia" con il racconto "Il Restauratore". È stato presidente e vicepresidente di un'associazione musicale, ha insegnato discipline musicali presso varie scuole private della regione Lazio. I suoi vasti interessi culturali e la propensione all'interdisciplinarietà lo hanno innalzato a vivace promotore di iniziative nei campi dell'arte e della letteratura.

4 Risposte a “Varlam Tichonovic Salamov”

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